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Antonio Gramsci ✆ Ninoska Durán |
Marcello Paolozza & Aldo Pirone /
Il 27 aprile ricorre il settantanovesimo anniversario della morte di
Antonio Gramsci, un grande rivoluzionario e un grande italiano. Il fascismo lo
condannò a 20 anni di carcere con l’intento di non far funzionare quel cervello
di cui aveva tanta paura. Il suo pensiero, invece, attraverso i “Quaderni
del carcere” scritti nei lunghi e sofferti anni detenzione, divenne uno dei
cardini sul quale Palmiro Togliatti costruì, dopo la caduta del fascismo,
l’identità del Partito comunista italiano, il suo modo di essere e fare
politica. Esso influenzò tutta la seconda metà del novecento italiano sul piano
culturale oltre che su quello più specificamente politico, diffondendosi ben
oltre i confini nazionali. Sorprendentemente, il crollo del comunismo sovietico e la fine
della guerra fredda, contribuirono a rilanciare nel mondo la figura e l’opera
di questo grande pensatore e dirigente comunista, facendolo diventare il
saggista italiano più diffuso, anche in ambienti politici lontani dal marxismo
e dal comunismo e in contesti culturali e geografici assai remoti rispetto
all’Italia.
Gramsci oggi è considerato, da parte di molti studiosi nel
mondo, il pensatore marxista certamente più vitale. Le sue opere, lette,
tradotte, studiate, negli USA e nei paesi anglosassoni, in Francia come in
America latina, in Brasile e recentemente anche in Cina, iniziano ad essere
studiate nei Paesi dell’Europa dell’Est, dove non erano state mai molto amate
durante il “socialismo reale”. Persino intellettuali arabi e mussulmani
iniziano ad accostarsi ad esse nel tentativo di analizzare e comprendere i
profondi cambiamenti in corso nel mondo mediorientale.
Paradossalmente invece, in Italia, dopo la fine del Pci,
l’attenzione verso il pensiero gramsciano da parte del mondo accademico e dei pensatori
post-comunisti, intenti a privilegiare altri autori e altre filosofie, di
orientamento liberaldemocratico, è andata progressivamente scemando. Solo da
alcuni anni stiamo assistendo ad una timida inversione di tendenza.
La necessità che la figura di Gramsci torni ad assumere un
ruolo centrale nel dibattito politico, culturale filosofico ed accademico
nazionale che gli spetta, è ineludibile.
L’approccio metodologico, gli strumenti e le categorie di un marxismo non dogmatico, la visione della storia basata sulla complessità e contraddittorietà dei processi di trasformazione politica e sociale, culturale e ideale, la consapevolezza che essa non marcia unicamente "in avanti" e anzi può regredire, che nessuna conquista è definitiva e che ogni fenomeno politico può convertirsi nel suo contrario magari serbandone immutata l'esteriorità, la convinzione che il socialismo per affermarsi sia destinato ad assumere l’eredità delle conquiste del liberalismo e della democrazia, fanno di Gramsci il pensatore italiano in assoluto più importante del secolo XX.
L’approccio metodologico, gli strumenti e le categorie di un marxismo non dogmatico, la visione della storia basata sulla complessità e contraddittorietà dei processi di trasformazione politica e sociale, culturale e ideale, la consapevolezza che essa non marcia unicamente "in avanti" e anzi può regredire, che nessuna conquista è definitiva e che ogni fenomeno politico può convertirsi nel suo contrario magari serbandone immutata l'esteriorità, la convinzione che il socialismo per affermarsi sia destinato ad assumere l’eredità delle conquiste del liberalismo e della democrazia, fanno di Gramsci il pensatore italiano in assoluto più importante del secolo XX.
La sua forza speculativa e la sua coerenza esistenziale fino
all’eroismo, ci parlano ancora, sono una fonte inesauribile da cui trarre
ispirazione per la rinascita, innanzitutto morale, dell’Italia.
Tornare al suo pensiero è indispensabile per quell’analisi
della crisi prodotta dal neoliberismo, che la sinistra italiana ed europea non
sono state sinora capaci di fare, rimanendo sostanzialmente subalterne al
pensiero unico che lo stesso neoliberismo ha prodotto e diffuso.
Con questa consapevolezza il 27 marzo prossimo, torneremo a
portare un semplice fiore sulla tomba di Antonio Gramsci. Sarebbe un bel
segnale di fiducia, di speranza nella sinistra, nella sua capacità di ritrovare
le sue radici storiche e morali, se quel giorno ci precederanno, ci
accompagneranno, ci seguiranno tantissimi compagni ed amici. Non solo vecchie e
vecchi militanti, elettrici ed elettori, segnati dalle sconfitte e dalle
divisioni di troppi decenni, ma, vogliamo sperare, tante e tanti giovani per i
quali particolarmente ci tornano alla mente quelle parole indimenticabili: “Agitatevi,
perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo, Organizzatevi,
perché avremo bisogno di tutta la vostra forza, Studiate, perché avremo bisogno
di tutta la vostra intelligenza.”