
Come dire che non è sufficiente nemmeno conquistare il
potere e la gestione delle istituzioni, per chi vuole cambiare la società, ma è
necessario avere un’egemonia che Gramsci considerava in primo luogo
“culturale”, per riuscire nel lungo periodo ad ottenere una vera
trasformazione. In questo senso, a differenza di gran parte della sinistra
italiana, gli ex indignati spagnoli sembrano aver compreso appieno la lezione
gramsciana: secondo Gramsci, infatti, per diventare classe egemone è
fondamentale il lavoro degli intellettuali e l'uso di media culturali e
propaganda. La conquista del potere culturale è quindi “pre-politica”, e si
ottiene attraverso l'azione concertata degli intellettuali definiti “organici”.
Non a caso, una delle forze più grandi di Podemos è la preparazione
intellettuale dei suoi quadri (spesso provenienti dal mondo accademico), e l'uso
sapiente di mass media come la televisione. Sempre secondo Pablo Iglesias
"Il 90% di un discorso politico è un dispositivo audiovisivo. Il 95% di
una campagna politica è un dispositivo audiovisivo”. Allo stesso modo,
probabilmente, gran parte del repentino successo della formazione spagnola
viene dalla sua massiccia e abile proiezione attraverso canali televisivi.
Ma non c’è solo la Spagna, anche in altri paesi europei
Gramsci torna d’attualità, proprio mentre il principale erede storico del
Partito comunista da lui fondato (il Partito democratico di Renzi) sembra
approdare a tutt’altri lidi ideologici: In Francia, in Portogallo, in Irlanda,
perfino nella culla dell’austerità Germania esistono partiti o movimenti
radicali di sinistra che fanno diretto riferimento al rivoluzionario sardo. C’è
poi chi è già al governo come Syriza in Grecia, che sotto la guida di Alexis
Tsipras ha basato la sua strategia di conquista del potere sulla teoria
gramsciana della “guerra di posizione”, poi riformulata negli anni ’70
dall’eurocomunismo dell’altro sardo Enrico Berlinguer in “via democratica al socialismo”. Secondo questa idea, la
classi popolari devono apparire come la forza trainante della società civile e
sfidare la società “politica”, arrivando a smantellare il nucleo repressivo
dello stato. Fondamentale è il forte coinvolgimento delle “reti” dal basso e
mutualistiche, che costituiscono la forza di Syriza e finora hanno consentito
al primo partito greco e ai suoi leader di aumentare ulteriormente il proprio
consenso anche dopo la vittoria elettorale, pur essendo finora riusciti a
realizzare solo alcune delle loro promesse. Il tentativo di democratizzare
profondamente la società, cercando di stimolare e allargare il più possibile la
partecipazione dei lavoratori e delle classi popolari alla vita collettiva,
come previsto dalla teorie di Gramsci, per il momento sembra funzionare nel
paese ellenico, e quello greco è un esperimento che sicuramente rappresenta un
test fondamentale, per vedere quanto siano applicabili nella società del
21esimo secolo le teorie dell’intellettuale sardo.
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