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Campesinos trabajando ✆ Renato Guttuso |
Angelo Martino |
Nel denunciare lo sfruttamento dei braccianti da parte dei cosiddetti “massari”,
ossia i contadini grandi fittuari che concedevano una paga miserrima al
bracciante, Corrado Graziadei il grande leader dell’antifascismo comunista di
Terra di Lavoro, nonché grande protagonista delle battaglie per il riscatto dei
contadini nel dopoguerra, premise nei suoi scritti la necessità di una presa di
coscienza di classe da parte dei contadini i quali dovevano “passare dalla
rivolta egoista, anarchica , puramente violenta, fuori da ogni senso etico ad
una coscienza comune dei diritti da conquistare con le lotte organizzate”.
Quindi negli “Scritti di Corrado
Graziadei. Le lotte nelle campagne di Terra di Lavoro”, a cura di Giuseppe
Capobianco, vi è un’analisi gramsciana della condizione contadina e, come
abbiamo avuto modo di evidenziare, Corrado Graziadei aveva ospitato non solo
conosciuto ma ospitato Antonio Gramsci nella propria abitazione di Sparanise
nel 1923. Si era pertanto consolidato in tale occasione un rapporto politico ma
soprattutto umano.
Infatti riecheggiano, negli Scritti di Corrado Graziadei, le
considerazioni di Antonio Gramsci in ’Ordine Nuovo” del 2 agosto 1919, nel
quale il grande pensatore marxista e fondatore del Partito Comunista d’Italia
esplicitava il suo pensiero riguardo ad una necessaria, improrogabile presa di
coscienza di classe da parte dei contadini. Scriveva Gramsci con considerevole
acume sociologico e psicologico:
“La psicologia dei contadini era incontrollabile[…] La lotta di classe si confondeva con il brigantaggio, col ricatto, con l’incendio dei boschi, con lo sgarrettamento del bestiame, col ratto di donne e bambini, con l’assalto al municipio”.
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Foto: Corrado Graziadei |
Corrado Graziadei scriveva esplicitamente che era il momento
in cui si doveva passare ad una mentalità “ rivoluzionaria”, una consapevolezza
che fu una conquista graduale grazie ad uomini che avrebbero saputo dare forme
organizzate alle lotte e alle occupazioni delle lotte in Terra di Lavoro.
Tuttavia vi sarà in Corrado di Graziadei un’evoluzione di pensiero, basato parzialmente sull’esperienza della dura lotta antifascista, ma soprattutto una consapevolezza di ciò che Gramsci non aveva potuto constatare, data la sua morte in carcere nel 1937, ossia la difficoltà dell’interiorizzazione di quella coscienza di classe da parte dei contadini.
Tuttavia vi sarà in Corrado di Graziadei un’evoluzione di pensiero, basato parzialmente sull’esperienza della dura lotta antifascista, ma soprattutto una consapevolezza di ciò che Gramsci non aveva potuto constatare, data la sua morte in carcere nel 1937, ossia la difficoltà dell’interiorizzazione di quella coscienza di classe da parte dei contadini.
Infatti, nel 1945 Corrado Graziadei, nella sua relazione al
I Congresso Provinciale del Partito, aveva dovuto esplicitare, rispetto
all’ottimismo insito nel pensiero di Gramsci di contadini pronti anche alla
rivoluzione proletaria, quanto segue: “Oggi queste masse sono pronte a battersi
per la democrazia ma non per la rivoluzione proletaria”.
E’ questa la grande intuizione di Graziadei, frutto anche
dell’esperienza maturata, che espliciterà negli scritti successivi: battersi
per una democrazia più compiuta tramite le lotte contadine, ma non puntare a
far interiorizzare alle masse contadine del dopoguerra il concetto marxista
leninista di rivoluzione proletaria. Nello scritto I contadini a Caserta,
pubblciato su La Voce del 19 aprile 1947 Corrado Graziadei avrebbe raccontato
come era difficile già l’elevazione sociale dei contadini davanti ad una dura
presa di posizione della reazione organizzata, che aveva trovato già il modo di
esprimere la sua forza di contrasto alle giuste rivendicazioni dei contadini.
I contadini dell’agro casertano, esasperati per gli esosi contratti di fitto che li legavano ai padroni- scrive Corrado Graziadei- il 12 dicembre 1946 avrebbero potuto far sentire la loro voce in quanto si presentarono
in circa diecimila alle porte di Caserta, e, “nonostante i mitra puntati, hanno rotto i cordoni e sono entrati a Caserta armati sì, ma degli strumenti di lavoro:vanga e zappa” riuscendo a esporre al Prefetto le loro giuste rimostranze.
I contadini dell’agro casertano, esasperati per gli esosi contratti di fitto che li legavano ai padroni- scrive Corrado Graziadei- il 12 dicembre 1946 avrebbero potuto far sentire la loro voce in quanto si presentarono
in circa diecimila alle porte di Caserta, e, “nonostante i mitra puntati, hanno rotto i cordoni e sono entrati a Caserta armati sì, ma degli strumenti di lavoro:vanga e zappa” riuscendo a esporre al Prefetto le loro giuste rimostranze.
In quell’anno Graziadei aveva potuto già essere
precedentemente protagonista di quelli che saranno considerati i prodromi del
grande periodo delle lotte contadine del dopoguerra in Terra di Lavoro. Infatti
nell’inverno del 1944 la cooperativa “ La terra” di Nocelleto di Carinola, non
avendo avuto risposta ad una richiesta di concessione di terre incolte, il 18
febbraio 1945 aveva occupato 1000 moggi di terreno. La commissione di Napoli si
vide costretta a concedere i primi ettari di terreno alla Cooperativa di
Nocelleto e tale concessione fu festeggiata dalla Federterra il primo maggio
con tutta la popolazione.
Dopo Nocelleto le proteste si estesero a Villa Literno, ove
era attiva la cooperativa “l’Agricola” che si fece promotrice dell’occupazione
della tenuta di “Torre del Monaco”e della tenuta di Gargiulo. Ciò diede
coraggio alle sezioni della Federterra le quali, secondo un’inchiesta del 15
novembre del 1946, avevano raggiunto il numero di ben 41 sezioni, tra cui
annoveriamo quella di Calvi Risorta con 86 iscritti, di Pignataro Maggiore con
121, di Nocelleto con ben 272 iscritti, di Teano con 129, di Falciano di
Carinola con ben 170 iscritti di Vitulazio con 80 iscritti, di Santa Maria C.
V. con un migliaio di iscritti.
La grande manifestazione dei diecimila del 1947 a Caserta
darà coraggio ai contadini dei centri minori quali Grazzanise, Pignataro
Maggiore e Teano ove furono protagonisti Graziadei, Ferrante e Picardi. I tempi
erano maturi per la grande occupazione delle terre incolte del 22 novembre
1949, che fu preparata nei minimi dettagli con tanti attivisti che agivano in
maniera sinergica. Dopo il fallimento delle trattative fra proprietari di aziende
agricole e rappresentanti delle Cooperative dei contadini per la concessione di
terreni destinati al pascolo bufalino, inizia in Provincia di Caserta, non più
Terra di Lavoro, il grande movimento di occupazione delle terre. Tale momento
iniziale si ha il 22 novembre 1949 con una colonna di 2000 braccianti, guidati
da Corrado Graziadei, Salvatore Pellegrino, Carlo Fruttaldo e Salvatore
Cangiano, che occuparono 5 tenute in agro di Carinola, specificamente in tenuta
Fruscara e in Tenuta Marra, scacciando i guardiani ed innalzando bandiere quale
segno di occupazione e decidendo di fare a turno a numero di venti unità, per
proteggere le zone occupate. I carabinieri riuscirono a far sgombrare i terreni
occupati, ma ci furono frenetiche riunioni nella Camera di Lavoro di Sparanise
e di Sant’Andrea del Pizzone da parte dei capi del movimento, Corrado
Graziadei, Francesco Lugnano, Antonio Romeo e Nicola Zona. Non erano presenti,
in quanto tratti in arresto, Libero Graziadei, Salvatore Barbieri, Ferdinando
D’Amico, Carlo Fruttaldo e Carlo Fruttaldo. Il 24 e 25 novembre fu invasa
Tenuta Spinelli in Santa Maria La Fossa da parte di centinaia di braccianti
guidati dallo stesso Giuseppe Capobianco, nonché la tenuta di S.Vito in Sessa
Aurunca, protagonisti un migliaio di contadini che furono dispersi dalla
compagnia dei carabinieri di Capua. Il 28 novembre fu la volta di Vitulazio,
l’ex Vitulaccio, ove fu invasa la tenuta Pontoni da un migliaio di contadini,
capeggiati da Eugenio Tartaglione, Gaetano Ianniello e Antonio De Lucia. Il 29
fu invasa di nuovo la Tenuta Stabile di Santa Maria La fossa, con un migliaio
di contadini capeggiati da Carlo Vassallo e Vincenzo Orabona. Ovviamente vi
furono tante persone denunciate, non solo tra i capi del movimento contadino
per l’occupazione delle terre. Il 30 novembre l’occupazione si estese a Capua
nella Tenuta Marra con la partecipazione di 500 contadini. La tenuta Limata di
Carinola fu nuovamente occupata il 3 dicembre 1949 e in tale occasione fu
denunciato ed arrestato lo stesso Giuseppe Capobianco con verbale del
3/12/1949. Il giorno 6 dicembre 1949 300 contadini occuparono le tenute Marra e
Ferrata, mentre il 17 dicembre il movimento di occupazione si estendeva a Baia
e Latina.
In relazione a tutte queste occupazioni del 1949 furono
istituiti 12 procedimenti giudiziari e tratti in giudizio 77 imputati con in
prima linea i capi, Corrado Graziadei e suo figlio Libero, Mario Pignataro,
dirigente della Camera di Lavoro di Caserta, Gaetano Volpe, segretario del CdL
di Capua, Antonio Romeo, Nicola Zona, Francesco Lugnano, Carlo Vassallo,
Giuseppe Capobianco, ma tanti contadini che non avevano alcun incarico. A
Corrado Graziadei , Francesco Lugnano, Antonio Romeo fu addebitato anche il
fatto di aver tenuto discorsi nelle Camere del Lavoro di Sparanise e
Sant’Andrea Del Pizzone.
Ogni giorno si formavano sette colonne di lavoratori: dal
Casertano che puntava sul Demanio di Calvi dove confluiva un’altra colonna
proveniente da Sparanise-Calvi- S’Andrea del Pizzone; due colonne si formavano nella
zona aversana ed occupavano le terre a sud del Volturno, mentre quelle della
frazione di Carinola, casale di Nocelleto e Falciano, occupavano le terre a sud
del Volturno. Le popolazioni della zona aversana occupavano le terre a sud del
Volturno, mentre quelle delle frazioni di Carinola invadevano le terre a nord
del Volturno. Nella piana del Sessano gli occupanti provenivano da tre diversi
punti in cui confluivano Carano, Cellole, Fasani, le frazioni delle Torraglie.
Un popolo di contadini che si muovono guidati da uomini in
cui credevano, credibili negli anni fino ad ottenere una legge molto
importante: La legge stralcio del 1950 che conteneva norme per
l’espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai
contadini e prevedeva l’esproprio di una quota di possesso superiore ai 750
ettari per i comuni di Cancello e Arnone, Capua, Castel Volturno, Grazzanise,
S.Maria La Fossa, Villa Literno, Vitualzio, Carinola, Francolise , Mondragone e
Sessa Aurunca.
L’altra grande stagione del movimento di lotta contadina è quella dell’ anno 1954 in cui i braccianti conquistarono il primo contatto provinciale che portava i salari minimi a 800 lire giornaliere. Inoltre fu l’anno degli scioperi per il sussidio di disoccupazione, di cui resta memorabile la giornata del 12 giugno 1954 con la Camera del Lavoro che decise di organizzare due grandi manifestazioni a Trentola e a Casal di Principe. In tale giornata, alle ore 6 del mattino, i dirigenti della Camera del Lavoro di Caserta, insieme ai braccianti, erano già sul posto, ma vi trovarono anche i Carabinieri che trassero in arresto sia i funzionari che gli stessi braccianti per blocco stradale. Tra di essi ricordiamo Pietro Bove, segretario della Camera del Lavoro casertana, Vincenzo Raucci della Federazione Comunista, l’avvocato Generoso Iodice, consigliere Provinciale del Partito Socialista, Francesco Cirillo, Arturo Serao, Costantino Natale, Pasquale Monaco, Antonio Diana, Roberto Venosa e Antonio Caterino.
L’altra grande stagione del movimento di lotta contadina è quella dell’ anno 1954 in cui i braccianti conquistarono il primo contatto provinciale che portava i salari minimi a 800 lire giornaliere. Inoltre fu l’anno degli scioperi per il sussidio di disoccupazione, di cui resta memorabile la giornata del 12 giugno 1954 con la Camera del Lavoro che decise di organizzare due grandi manifestazioni a Trentola e a Casal di Principe. In tale giornata, alle ore 6 del mattino, i dirigenti della Camera del Lavoro di Caserta, insieme ai braccianti, erano già sul posto, ma vi trovarono anche i Carabinieri che trassero in arresto sia i funzionari che gli stessi braccianti per blocco stradale. Tra di essi ricordiamo Pietro Bove, segretario della Camera del Lavoro casertana, Vincenzo Raucci della Federazione Comunista, l’avvocato Generoso Iodice, consigliere Provinciale del Partito Socialista, Francesco Cirillo, Arturo Serao, Costantino Natale, Pasquale Monaco, Antonio Diana, Roberto Venosa e Antonio Caterino.
E’ da considerare che sovente il reato non riguardava tanto
l’occupazione delle terre, che in realtà si poteva considerare azione “simbolica”, quanto l’oltraggio al pubblico ufficiale, pena per cui si
scontavano otto mesi di reclusione. Bisogna tener presente, come ebbe a
scrivere Corrado Graziadei nell’articolo “I giudici proprietari delle vertenze
agricole" in La Voce del Mezzogiorno del 27 agosto 1949, che in tali anni i
giudici si mostravano ostili alle lotte contadine in quanto erano loro stessi
interessati o le loro famiglie provenivano dai grandi proprietari terrieri,
altrimenti in qualche modo legate agli interessi dei latifondisti.
Così Pietro Bove, Mariano Vegliante ed Enzo Raucci saranno
condannati a tre anni di carcere; gli altri a pene minori, mentre assolti
risulteranno Generoso Iodice, Antonio Caterino e lo stesso Mario Pignataro. In
appello la condanna per Bove, Vegliante e Raucci sarà ridotta ad un anno di
carcere. E’ grazie a quelle lotte che nell’inverno del 1954 i contadini conquistano il
sussidio di disoccupazione, l’assegno familiare per il figlio e per il
genitore, l’assistenza sanitaria. A tal riguardo, infatti, il 22 novembre 1954
il Parlamento approva la legge n° 1136 Bonomi con alcune aggiunte della
proposta Longhi- Pertini che prevede l’assistenza sanitaria completa ed il contributo
statale di 1500 lire per assistito. Da quel momento ben 2 milioni di contadini
usufruiranno per loro stessi e per i familiari dell’assistenza medica; il che
significa che la conquista dell’assistenza sanitaria riguarderà ben 5 milioni
di persone.