
Il 1 novembre i bambini di alcuni paesi della Sardegna vanno
casa per casa, con un sacco in mano, a cercare offerte. Bussano alle porte e a
chi apre strillano:
“A is animas de su Prugadoriu!”.
Ricevono in cambio pabassini, mandarini, melagrane, qualche caramella o
cioccolatino. Ai tempi di mia mamma, i pabassini si ricevevano solo nelle case
ricche. Tutti gli altri davano frutta, ma anche soltanto ceci e fagioli. Oppure
i dolci dei poveri, ziddiãsa e pãi manna. Altri tempi. Le radici di questo che
per noi era un gioco e un bel modo per mangiare dolci affondano nel culto dei
morti, e in particolare nel culto delle anime del purgatorio, così radicato in
Sardegna.

Di quella preoccupazione particolare che si dedica ai propri cari,
sperando che non si trovino in quel luogo di mezzo ad espiare piccole colpe che
li allontanano dal paradiso, o che ci stiano il meno possibile. Nel giorno dei
morti, questa preoccupazione si lega in maniera stretta al cibo, e diventa una
vera e propria raccolta del cibo per le anime di chi mai lo mangerà.