Sandro Moiso | A quasi
ottant’anni dalla sua scomparsa (27 aprile 1937), il pensiero e l’opera di
Antonio Gramsci costituiscono ancora una eredità allo stesso tempo ingombrante
e rassicurante per la sinistra e il movimento operaio italiano e continuano a
rappresentare un problema di interpretazione per tutti coloro che si occupano
di politica, filosofia, etica e storia d’Italia.
Che questo problema risieda nel ruolo effettivamente svolto dal
comunista di lontane origini albanesi come militante, pubblicista, deputato e
dirigente dell’allora Partito Comunista d’Italia oppure nella sua riflessione
affidata alla trentina di Quaderni compilati durante la sua lunga
detenzione carceraria dipende da molti fattori. Non ultimo l’artificiosità
delle scelta che fecero pubblicare le sue lettere e i suoi quaderni in forme
diverse e in tempi molto lunghi a partire dal secondo dopoguerra1
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