
La tesi non è nuova e la presenza
di zone d’ombra nella
storia del Partito comunista italiano e nei rapporti fra questo e Gramsci e in
particolare nei rapporti fra Gramsci e Togliatti è riconosciuta da tempo. Ma
Canali presenta nuovi documenti e riletture di fonti già note
che rendono il suo lavoro di grande interesse. In particolare, Canali presenta lettere inedite inviate da Mosca a Tatiana Schucht nel 1925, documenti inediti conservati in archivi vaticani e della Compagnia di Gesù relativi a un tentativo di impostare una trattativa per la liberazione di Gramsci e Terracini sviluppatosi negli ultimi mesi del 1927 e documenti relativi a un’inchiesta su presunti comportamenti ostili a Gramsci, in cui il principale accusato era Togliatti, svolta in Unione Sovietica alla fine degli anni Trenta (in questo caso si tratta di appunti solo parzialmente inediti conservati negli archivi dell’Internazionale Comunista, ma fra questi vi è anche l’originale dell’importante lettera di Gramsci del 5 dicembre 1932, nota dal 1965 attraverso una trascrizione dattiloscritta che ora possiamo dire fedele all’originale). Tuttavia, il volume mostra anche gravi limiti ed è su questi che ora, pur considerando solo pochi esempi, vorrei richiamare l’attenzione.
che rendono il suo lavoro di grande interesse. In particolare, Canali presenta lettere inedite inviate da Mosca a Tatiana Schucht nel 1925, documenti inediti conservati in archivi vaticani e della Compagnia di Gesù relativi a un tentativo di impostare una trattativa per la liberazione di Gramsci e Terracini sviluppatosi negli ultimi mesi del 1927 e documenti relativi a un’inchiesta su presunti comportamenti ostili a Gramsci, in cui il principale accusato era Togliatti, svolta in Unione Sovietica alla fine degli anni Trenta (in questo caso si tratta di appunti solo parzialmente inediti conservati negli archivi dell’Internazionale Comunista, ma fra questi vi è anche l’originale dell’importante lettera di Gramsci del 5 dicembre 1932, nota dal 1965 attraverso una trascrizione dattiloscritta che ora possiamo dire fedele all’originale). Tuttavia, il volume mostra anche gravi limiti ed è su questi che ora, pur considerando solo pochi esempi, vorrei richiamare l’attenzione.
Cominciamo con due esempi di
critiche che ritengo si possano rivolgere al modo in cui Canali interpreta
documenti noti o inediti. A mio avviso, la documentazione prodotta da Canali
non consente di giudicare fondati i sospetti sulle responsabilità di Togliatti
nel sabotaggio dei tentativi di ottenere la liberazione di Gramsci. Tale
documentazione dovrebbe piuttosto indurre a inquadrare quei sospetti in un
contesto in cui i principali responsabili di azioni ostili a Gramsci potrebbero
essere stati elementi interni agli apparati sovietici. Infatti, sia dai
documenti relativi alle indagini compiute nel 1939 da Stella Blagoeva sia dai
documenti relativi al tentativo di liberazione del 1927 mi pare emergano
responsabilità nell’ostacolare i tentativi di ottenere la liberazione di
Gramsci più di parte sovietica che di Togliatti. Ad esempio, in uno di quei
documenti si può leggere che «della questione dello scambio a Roma era
informato a suo tempo Potemkin, ma non riceve indicazioni sul da farsi benché
(1934) il console Dneprov (Nkvd) riferisca che ci siano le condizioni per uno
scambio» (Canali 2013 pp.245-6). Analogamente, ritengo che Canali interpreti in
modo forzato la dichiarazione resa da Gramsci il 14 ottobre 1934 al commissario
di PS Antonino Valenti circa il comportamento che si proponeva di seguire una
volta ottenuta la liberazione condizionale. Anche volendo ignorare il fatto
ovvio che un detenuto condannato dal Tribunale speciale e liberato
condizionalmente non avrebbe potuto riprendere a svolgere attività politica
pena l’immediato ritorno in prigione, non mi pare giustificato leggere nella
dichiarazione di Gramsci un impegno a uscire dalla politica attiva che implicava un’abdicazione dei
propri principi (Canali 2013 pp.156-7). Al contrario, considerando anche il
verbale che di quell’incontro stilò il commissario Valenti (il verbale è
conservato all’Archivio centrale dello Stato nel fascicolo del Casellario
politico centrale intestato a Gramsci), direi che la dichiarazione richiesta a
Gramsci evidenziasse un cedimento non da parte di Gramsci, bensì di Mussolini.
Mussolini non chiedeva nulla a Gramsci, se non di riconoscere che il suo gesto
– di Mussolini - non comportava un cedimento politico. Paradossalmente, era
Mussolini a chiedere che Gramsci si facesse garante del carattere non
compromissorio della decisione che aveva preso. D’altra parte, se Mussolini
voleva alleggerire la propria responsabilità nei confronti della vita di
Gramsci – vista la sua determinazione a non cedere – gli spazi di manovra che
gli restavano non erano ampi (cfr. G. Vacca, Vita e pensieri di Antonio Gramsci (1926
– 1937), Einaudi, Torino, 2012, pp.290-2; e N. Naldi,La liberazione condizionale di Antonio
Gramsci, in Studi Storici, 2013,
pp.389-92).
Quanto detto fin qui riguarda
interpretazioni proposte da Canali. In altri casi il volume di Canali presenta
affermazioni che non considerano documenti disponibili o lavori pubblicati in
anni recenti che le smentirebbero. Un esempio lo troviamo nel modo in cui
Canali discute il tema della lettera inviata
a Gramsci da Ruggero Grieco nel febbraio del 1928 – lettera che secondo Gramsci
avrebbe rappresentato un grave ostacolo al buon esito del primo tentativo da
parte sovietica di ottenerne la liberazione. Canali accoglie un’ipotesi circa
l’individuazione in Piero Sraffa della persona che, informata da Tatiana
Schucht del contenuto della lettera di Grieco presumibilmente fra maggio e
giugno 1928, aveva giudicato quella lettera criminale (Canali 2013 p.88 n.37). Tale ipotesi
è stata smentita da tempo da un saggio di Giancarlo de Vivo (“Gramsci, Sraffa e
la «famigerata lettera» di Grieco”, Passato e presente, 2009;
pp.86-91) e il fatto, ricordato anche da Canali, che Sraffa e Tatiana
Schucht si incontrarono soltanto nell’autunno del 1928 rende alquanto
improbabile che quel giudizio fosse stato espresso da Sraffa. Ignorando la
ricerca di De Vivo, Canali (2013 p.168 n.8) non comprende neppure il
significato del riferimento da parte di Sraffa a due
disastri di prim’ordine contenuto
in una sua lettera a Paolo Spriano (P. Sraffa, Lettere
a Tania per Gramsci, a cura di V.Gerratana, Editori Riuniti, Roma,
1991; pp.271-2). Con tali disastri si devono intendere due episodi che,
nel corso del 1933, impedirono che Gramsci ottenesse, attraverso un ricorso
presentato al Tribunale speciale dall’avvocato Saverio Castellett, una
riduzione della pena a cui era stato condannato – nulla che avesse a che fare
con la lettera di Grieco.
Ancora a proposito della lettera
di Grieco: Canali, vede in una lettera di Tatiana Schucht a Sraffa del 28
settembre 1937 il segnale di una ritrattazione da parte di Sraffa rispetto a
valutazioni che questi avrebbe precedentemente espresso proprio sulla lettera
di Grieco. Ma Canali trascura di considerare con attenzione la precedente
corrispondenza fra Sraffa e la stessa Tatiana (lettere del 9, 16 e 18 settembre
1937, pubblicate in Sraffa, P. Lettere a Tania per Gramsci,
pp.186-9). Se leggiamo quelle lettere possiamo vedere che il passo della
lettera di Tatiana Schucht che Canali ritiene cruciale (Canali 2013 pp.167-8)
si riferisce alla lunga attesa da parte dei familiari di Tatiana del suo
rientro a Mosca: nulla che abbia a che fare con ritrattazioni che non abbiamo alcun motivo di
attribuire a Sraffa.
Un’osservazione a parte merita
l’individuazione di Riccardo Lombardi, che non fu mai iscritto al Partito
comunista, quale tramite fra Tatiana Schucht e il Centro estero dello stesso
partito nel periodo fra il 1928 e il 1929. La ricostruzione proposta da Canali,
per quanto forse non conclusiva, è certamente convincente. Ma l’analisi rivela
una tendenza da parte dell’autore a considerare aprioristicamente sospetto
l’operato dei dirigenti del Partito comunista italiano. Tale tendenza lo porta
a trattare gli interrogativi che ritiene destinati a rimanere senza risposta
come prove di un sottostante comportamento nascosto e colpevole e non, più
semplicemente, come segno dell’incapacità dello storico a fornir loro – appunto
– una risposta. Così, Canali sottolinea come sia inspiegabile (quindi sospetto)
che i dirigenti comunisti non abbiano dato corso a un’indagine interna sulle
incongruenze messe in evidenza da Sraffa fra le somme che risultavano
registrate nel libretto carcerario di Gramsci e le somme che Lombardi diceva di avervi fatto
pervenire. Ma una spiegazione poteva essere emersa già nel 1929: da alcune note
stese da Tatiana Schucht al rientro dal suo primo viaggio a Turi si può dedurre
che il direttore del carcere aveva sequestrato somme di denaro inviate a Gramsci
perché non risultavano spedite dai suoi parenti (A. Gramsci, T. Schucht, Lettere.
1926-1935, Einaudi, Torino, 1997; p.1428).
Stupisce poi che Canali scriva:
«il regime fascista sorvegliò Sraffa, ma la documentazione prodotta da tali
controlli o è stata sottratta o non è stata mai versata dal ministero
dell’Interno» (Canali 2013 p.53). In effetti, è possibile che una parte di tale
documentazione – quella di cui Canali ha trovato traccia in ACS,
Polizia politica, Materia, b.105 (Canali
2013 p.53 n.46) – sia, per motivi che certamente meriterebbero ricerche più
approfondite, davvero assente. Ma lo stesso Canali fa riferimento a due altri
fascicoli che contengono materiale che è ragionevole supporre coincida almeno
in parte con quello apparentemente mancante (Canali 2013 p.38 n.5 e p.165 n.1).
Quindi, la documentazione non è assente.
Un ultimo punto. Ci sembra
inspiegabile l’idea di Canali secondo cui «fino al 1966, l’unico scritto a
carattere biografico su Gramsci risultava essere un breve intervento del
segretario del Partito comunista del 1937» (Canali 2013 p.8 n.2). Anche senza
entrare in una ricerca dettagliata sul catalogo OPAC del Servizio bibliotecario
nazionale, possiamo certamente citare i saggi prodotti da Domenico Zucaro fra
il 1952 e il 1961 – ma ve ne sarebbero altri.
In sintesi mi sembra giustificato
chiedersi perché un volume che pure contiene importanti contributi sia stato
sviluppato con tali discontinuità che ne rendono la qualità complessiva
estremamente insoddisfacente. Ultima annotazione: manca un indice dei nomi...
una mancanza incomprensibile.